In epoca protostorica, Montenerodomo era un "oppidum" (città fortificata) dei Carecini, tribù sannita discendente da popolazioni di stirpe ariana che, provenienti dall'Europa nord-orientale, arrivarono in Italia attorno al II millennio a. C. . Il gruppo di popoli che si stanziò nell'Italia centro-meridionale, a partire dall'VIII secolo a. C., venne identificato come popolazioni sabello-sannitiche. Essi, occupandone il territorio, si fusero con le popolazioni indigene assoggettate (gli Osci) dai quali acquisirono la lingua. Dediti principalmente alla pastorizia e alla caccia, i Sanniti praticavano il rito tribale del "ver sacrum" (la primavera sacra), probabilmente per mantenere inalterato l'equilibrio tra la popolazione e il territorio sfruttato, che consisteva, nel sacrificare, sopprimendola, ogni forma di vita nata nel periodo dedicato alle cerimonie lustrali. Col passare del tempo, questo macabro rituale venne sostituito da una diaspora coatta dei ventenni che, con pochi capi di bestiame, venivano allontanati dai propri villaggi e costretti in tal modo a colonizzare nuove terre. Fu probabilmente attraverso questa pratica che la tribù dei Carecini, così come quelle dei Pentri e dei Frentani, andò via via differenziandosi dal ceppo sannita acquisendo una propria individualità, sia nel nome che nei luoghi di stanziamento.
Il loro territorio, esteso per circa 900 Kmq, era delimitato a nord e ad ovest dalla Maiella e dai Monti Pizzi, che li dividevano dai Marrucini e dai Peligni, a sud dal torrente Parello e ad est dall'alto e medio corso del Sangro, a confine con Pentri, Lucani settentrionali e Frentani.
Caratteristica di questo popolo era quella di non formare grandi agglomerati urbani, ma di presidiare il territorio mediante piccoli e numerosi insediamenti sparsi nelle vallate e costruire, sulla sommità di alture e colline, recinti fortificati da imponenti mura (i già ricordati "oppida") a controllo delle valli sottostanti e dei tracciati viari.
Il principale centro fortificato dei Carecini meridionali (chiamati "Infernates", mentre quelli settentrionali erano detti "Supernates"), l'unico che, oltre a poter dare rifugio, in caso di pericolo, alla popolazione disseminata nella vallata, giovandosi di possenti strutture difensive, potesse anche contenere un abitato era certamente quello di Montenerodomo.
Le mura che cingevano quest'oppidum, integrandosi con le difese naturali, fortificavano tutta l'area oggi occupata dal centro storico, dal Rione San Martino e da Pianoianiero.
Della roccaforte sannitica si conservano ancora oggi diversi tratti di mura megalitiche. I resti più imponenti si trovano nella parte occidentale dell'abitato moderno, presso la pineta e, adiacente alla cabina dell'ENEL, a sostegno dell'attuale Via Rossini. Il tratto di mura meglio conservato è quello che decorre sottostante la pineta. Esteso per una lunghezza di quasi 30 metri, raggiunge l'altezza di oltre 2 metri e altrettanti di spessore e si integra, da ambo i lati, con banchi rocciosi naturali. La cinta muraria segue fedelmente il terreno e i blocchi calcarei di cui è composta, rudemente sbozzati, sono posti gli uni sugli altri senza creare una facciavista regolare. Quelli della prima fila sono di dimensioni minori rispetto ai soprastanti (rispettivamente cm 60x70 e cm 90x110), mentre il paramento anteriore appare lievemente inclinato verso il pendio del monte.
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{mosimage}Poco più a nord, nei pressi della cabina ENEL, le mura ricompaiono con tutta la loro maestosità. In parte obliterato dalla costruzione della sovrastante Via Rossini, il tratto visibile, esteso per circa 5 metri, ed eretto con la stessa tecnica costruttiva del precedente, consta di cinque fila di massi che raggiungono un'altezza di oltre 3 metri.
Le mura che cingevano l'oppidum sugli altri versanti sono, invece, appena rintracciabili.
Nel settore orientale, sul Monte Calvario, rimangono solo i blocchi di base e, soltanto in pochi punti, due file di essi, così come sul lato settentrionale, ai lati della strada d'accesso al paese. Nella parte meridionale, infine, la costruzione dell'abitato ne ha cancellato ogni traccia.
Il centro fortificato di Montenerodomo, insieme a quelli costruiti sulla sommità di Monte di Maio e del Colle della Guardia, posti a occidente e a breve distanza, tutti databili tra il VI e il IV secolo a. C. (e, probabilmente, ad un quarto centro fortificato situato a sud, sulla sommità di Monte Pidocchio), costituivano una sorta di sbarramento semicircolare a protezione della vallata in cui, nel IV secolo a. C., su un pianoro ricco di acqua sorgiva e all'incrocio di due tratturi che, attraverso il territorio carecino, mettevano in comunicazione il territorio peligno con quello frentano, sorgerà il santuario italico di Juvanum.
I Carecini fanno il loro ingresso nella storia nel 354 a. C. quando, come costituenti della Lega Sannitica, insieme a Pentri, Irpini e Caudini, firmano un trattato di alleanza con Roma, probabilmente per definire i limiti delle rispettive zone d'influenza e di espansione territoriale e anche per fronteggiare il pericolo rappresentato dai Galli, a nord, e dai Greci-italioti, a sud. Ma, dopo appena undici anni, le mire espansionistiche delle due potenze militari portarono alla violazione del trattato e allo scatenamento di una serie di guerre combattute per il predominio sulla Penisola che si protrassero dal 343 al 290 a. C. (le tre guerre sannitiche) e, nuovamente, dal 284 al 272 a. C. (la guerra di Pirro) e che, dopo alterne vicende, vide la vittoria arridere alle armi romane.
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Dopo il Bellum sociale (91 - 87 a. C.) e l'avvento della "pax romana" il popolo carecino fu costretto ad abbandonare ed a smantellare i centri fortificati costruiti sulle alture, cosicchè dall'oppidum di Montenerodomo dovettero scenderne gli abitanti che, in un luogo più aperto e meno impervio, diedero vita all'abitato di Juvanum.
Il santuario sannitico, infatti, non venne smantellato, come invece successe altrove, anzi, nel pianoro sottostante, probabilmente già adibito in epoca precedente a fiere e mercati, vennero costruiti prima edifici utilitaristici e pubblici a servizio del territorio e della popolazione limitrofa, e, quindi, nel I secolo d. C., dopo l'elevazione del piccolo centro montano a "Municipio", l'intera area fu trasformata con la costruzione del complesso monumentale le cui vestigia sono giunte fino ai nostri giorni.
Juvanum ebbe continuità di vita attestata fino al IV secolo d. C. e il materiale archeologico rinvenuto testimonia un livello di vita molto alto, soprattutto per i primi due secoli.