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I Secoli bui del Medio Evo: S. Maria del Palazzo

Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, la città, indifendibile dalle orde barbariche, venne abbandonata e, successivamente, predata e distrutta.
Le mura ciclopiche di Montenerodomo, adatte alla difesa di un abitato, accolsero nuovamente al suo interno la popolazione che le aveva abbandonate cinque secoli prima.
Nei secoli bui questa parte dell'Abruzzo fu occupata prima dagli Ostrogoti, quindi dai Bizantini e, successivamente, dai Longobardi e dai Franchi quando, compresa nel Contado teatino, fece parte dal 571 del Ducato di Benevento e dall'891 di quello di Spoleto.
La storia del nostro territorio in quest'epoca tormentata s'intreccia necessariamente con quella dei monasteri benedettini che rappresentarono allora l'unica parvenza di autorità e di governo locale.
l sito di Juvanum, sporadicamente abitato dopo il IV secolo (è di recente il rinvenimento di una tomba longobarda databile tra il VII e l'VIII secolo) venne scelto, intorno al XII secolo, dai monaci cistercensi per edificarvi un monastero, con attigua chiesa, che prese il nome di Santa Maria del Palazzo.
La scelta di questo pianoro per l'edificazione della badia è da addebitare oltre che alla solitudine del luogo, adatta alla vita ascetica dei seguaci di San Benedetto (beata solitudo – sola beatitudo!) soprattutto per la presenza dei resti dell'antica città iuvanense che vennero utilizzati per la costruzione dei due edifici. Il Torcia, che nel 1792 trovò ancora in piedi la chiesa, riferisce, infatti, che: "molti pezzi di colonne...erano stati col resto dei capitelli distratti per la fabbrica dell'ospizio dei monaci" e che le "pietre riquadre di quattro e sei piedi di lunghezza servirono all'erezione della chiesa e molti frammenti di lapidi servirono di pavimento alla medesima" (M. Torcia, op. cit.).
E' ignota la data della sua fondazione. La prima menzione del monastero è del 1173 quando, in una bolla del papa Alessandro III, viene annoverato come appartenente alla Diocesi teatina (in essa si legge, infatti "...in civitate Luparella pleben Sancti Petri cum pertinentiis suis ... monasterium Sanctae Mariae in Palatio ... monasterium Sanctae Mariae de Lecto...").

La chiesa di Santa Maria in Palazzo era ad unica navata, con facciata principale rivolta ad oriente e dotata di campanile sulla cui sommità era alloggiata un'unica campana.
Il monastero fu abitato dai monaci cistercensi sicuramente fino al 1564, quindi, dopo che la Badia fu ridotta a Beneficio semplice, ne è attestata l'esistenza fino al 1652. Nel 1775 era, invece, già stato distrutto tanto che il subalterno del Tribunale fiscale di Chieti Gennaro Stefanisso annota di aver trovato solamente "residuo di atrio e vestigi di chiostro e di abitazioni monacali" mentre, la chiesa, ancora in piedi, ma "già lesionata ed abbisognevole di restauri" fu probabilmente abbandonata solo qualche tempo dopo.
A cosa deve il suo nome il monastero, la chiesa e, per estensione, tutta la località? Con molta probabilità all'edificio iuvanense (la Basilica) descritto sempre dal Torcia nel 1792 ("... spettacolo veramente per me sorprendente fu di scoprire in mezzo a quelle rupi uno dei più augusti edifizii dei Romani eretti in queste nostre provincie per uso di cancelleria...", M. Torcia, op. cit.) e ancor prima, nel 1775, da Gennaro Stefanisso, che -scrive l'Antinori- "riconobbe la chiesa in piedi e le rovine contigue del Monastero; e a quaranta canne da essa chiesa l'antichi ruderi del Palazzo" (L.A. Antinori, Manoscritti, vol. XXXIV).
"Sarà questo –continua l'Antinori- quel luogo che si disse Domus, e poi nei secoli posteriori Palazzo, e che diede la denominazione alla contrada sparsa di circonvicine terre del Contorno dette in Domo, nonché alla Badia di Santa Maria del Palazzo".
Il nostro paese è, invece, ricordato, nell'alto Medioevo, in un privilegio di papa Marino II del 944 e in un diploma dell'imperatore Ottone I del 968 (Chronicon Vulturnense) come un'entità territoriale indicata con l'espressione "territorio domo", ma il primo documento in cui si nomina Montenerodomo risale al XII secolo, quando, con il nome di "Monte Nigro", era feudo di un milite tenuto da Jacopo della Roma (o de Otronia) (Catalogus Baronum)
Il nome
Il paese deve la prima parte del nome da una condizione naturale. Forse dal "monte di pietra nera" su cui si trova edificato oppure dalla rigogliosa vegetazione che ricopriva i monti che lo attorniavano e che caratterizzava il paesaggio ancora nel '700 (in dialetto, il paese è, infatti, chiamato, al plurale "Munt'neir"); la rimanente parte, secondo l'Antinori, alla "Domus" iuvanense ("E' denominato Montenero Domi avendo nel suo territorio il Domo del Tribunale antico del Rettore della Provincia...", L.A. Antinori, op. cit.), secondo il Croce, invece, a una condizione storica. Trovandosi questa regione nel XII secolo sotto il dominio della famiglia dei "Figli di Borrello", ogni paese incluso nel feudo era indicato come "in domo", cioè appartenente al loro casato, da cui Montenegro in domo filiorum Burrelli (B. Croce, op. cit.).

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