Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookie Policy

Tra Angioini ed Aragonesi: I Caldora

Il nostro territorio venne allora a far parte, nel 1268, del Regno degli Angioini, i quali, nel 1275, tassavano "Mons Niger in Theate Maiore" (le terre teatine ,facenti parte dell'Abruzzo Citra, erano state divise in terre della Theate Maior, a sud di Ortona, e della Theate Minor, tra Ortona e il fiume Pescara) per 5 once, 21 tareni e 17 grana.
In un secolo la popolazione era rimasta invariata. Infatti, ragguagliandola all'imposta (ogni "fuoco" aveva l'obbligo di pagare un "augustale", ossia la quarta parte di un'oncia d'oro), essa doveva essere allora compresa tra 115 e 140 abitanti.
Con l'avvento degli Angioini la ricostruzione delle vicende del nostro paese diventa molto ardua. Infatti, non conosciamo i nomi dei feudatari del primo secolo di dominazione angioina. Eugenio Maranzano, in "Borrello tra i vicini Comuni della Val di Sangro", indica dubitativamente in Rodolfo di Couternay (detto "il Cortinaccio"), al quale nel 1269 Carlo d'Angiò assegnò la Contea di Chieti e signore, tra l'altro, delle vicine terre di Civitaluparella, Villa Santa Maria e Gessopalena, e, successivamente, nella figlia Matilde, andata in sposa nel 1285 a Filippo di Fiandra (esautorato dal Re nel 1302), i feudatari del primo trentennio.
Dal 1302 al 1375, anche se dimenticata dalle fonti storiche, la piccola terra di Montenerodomo non sfuggì sicuramente alle calamità che, in questo periodo, afflissero la nostra regione: l'orribile peste del 1348 (che dimezzò la popolazione italiana), il violento terremoto del 9 settembre 1349 e, infine, la nuova epidemia di peste del 1363.
La peste nera (pistis nigra), praticamente sconosciuta in Europa fino al XIV secolo, vi giunse nel dicembre 1347, portatavi da marinai genovesi che, provenienti da Costantinopoli, attraccarono le loro Galee prima nel porto di Messina e quindi in quello di Marsiglia. In pochi mesi il contagio si diffuse in tutto il continente. L'Abruzzo venne interessato dall'epidemia nella primavera del 1348 determinandovi (com'era successo già in tutta l'Europa) una mortalità spaventosa che raggiunse il culmine nel 1363 con la "peste dei fanciulli". A questo flagello seguì l'invasione dei campi da parte delle cavallette, che, distruggendo i raccolti, provocò una grave carestia.Nel 1375 il feudo di Montenero fu concesso dalla regina Giovanna I ai figli del conte Giacomo Arcuccia, mentre, nel 1406, il re Ladislao d'Angiò Durazzo lo assegnò a Berengario de' Cantelmi (A.L. Antinori, op. cit.).
Alla fine del XIV secolo le nostre alture furono teatro di cruenti fatti d'arme nel corso della lotta tra i rami degli Angioini per la successione sul trono del Regno di Napoli alle quali seguirono, nel corso della prima metà del XV secolo, prima le feroci lotte tra le famiglie nobiliari che si contendevano il controllo dei punti nevralgici della transumanza e delle attività commerciali ad essa collegate e quindi la nuova guerra di successione al trono della regina Giovanna II tra Angioini ed Aragonesi.
In poco più di mezzo secolo, per ben due volte, i Sovrani condussero i propri eserciti sulle nostre montagne impegnandoli vanamente nell'assedio delle roccaforti "caldoresche". Nel 1393 il re Ladislao d'Angiò Durazzo non riuscì ad espugnare la roccaforte di Palena, tenuta dalle milizie di Ramondaccio Caldora, partigiano di Luigi II d'Angiò, ritirandosi dopo dieci giorni di lotte furibonde. Stessa sorte toccò, nel 1464, a Ferdinando d'Aragona che, a capo del suo esercito, aveva cinto d'assedio il castello di Civitaluparella, dov'era asserragliato Antonio Caldora.
Tra le famiglie abruzzesi egemoni del XV secolo si annoverano dunque i Caldora. "Sommo fra essi –scrive il Croce- quell'Iacopo, vincitore di Braccio da Montone".
Di ascendenti francesi, Jacopo Caldora nacque a Castel del Giudice nell'autunno del 1368 da Giovanni Caldora, signore feudale del luogo, e da Rita Cantelmo, la quale, dopo la morte del marito, lo avviò al mestiere delle armi. Forgiato alla scuola d'armi di Braccio da Montone, fu un grande capitano di ventura al servizio, durante la guerra di successione nel Regno di Napoli tra Alfonso d'Aragona e Luigi III d'Angiò, prima degli Angioini, quindi degli Aragonesi e, infine, nuovamente dalla parte dei primi (essendo un soldato di ventura militava sotto le insegne di chi pagava di più). Al soldo degli Angioini, che lo insignirono del titolo di Gran Connestabile del Regno (comandante in capo dell'esercito) si distinse particolarmente nella liberazione dell'Aquila dall'assedio aragonese sbaragliando, il 2 giugno 1424, le milizie dell'antico maestro, il quale, fatto prigioniero, morì due giorni dopo, per le ferite riportate.
Insaziabile conquistatore di terre, egli acquisì una vasta Signoria estesa tra la Contea di Molise, il massiccio della Maiella e l'Abruzzo meridionale fino alle coste pugliesi che facevano del Caldora uno dei più ricchi feudatari del Mezzogiorno d'Italia e le cui rendite gli permettevano di mantenere le proprie milizie. Di essa, nel 1422, venne a far parte anche il feudo di Montenero.
Alla sua morte, avvenuta il 15 novembre 1439, durante l'assedio di Cancello, gli successe il figlio Antonio.
Anche lui capitano di ventura, parteggiò per gli Angioini, di cui anch'egli, emulo del padre, fu Gran Connestabile, prima di essere nominato persino Vicerè degli Abruzzi. Sconfitto a Sessano, il 28 giugno 1442, da Alfonso d'Aragona, continuò a tramare contro di lui, nonostante il giuramento di fedeltà al nuovo re (che gli permise di conservare gran parte dei suoi vasti possedimenti), e, nel 1458, alla morte di questi, riprese la guerra contro il suo successore, il figlio Ferdinando (soprannominato il "Ferrante" per il suo carattere energico), al soldo di Giovanni d'Angiò insieme al marchese di Crotone Antonio Centelles, Giosia Acquaviva, il cognato del Ferrante, Marino Marzano, principe di Rossano e al Principe di Taranto che diedero vita alla prima congiura dei baroni. La lotta divampò furibonda in tutto il Regno e, dopo sei anni, ebbe il suo epilogo in Abruzzo attorno alle fortezze di Pacentro, Palena, Civitaluparella e Vasto dove, al comando delle sue milizie, si era ritirato il Caldora che, irriducibile, dopo il ritiro dalla contesa di Giovanni d'Angiò, era rimasto l'unico a contendere il potere agli Aragonesi.
Il "Ferrante", posto il suo quartier generale sulla piana di Quarto di Santa Chiara (Forcapalena), dal 15 luglio al 13 agosto diresse le operazioni belliche contro le roccaforti caldoresche. Il 3 agosto i difensori di Palena e Pacentro deposero le armi. Le milizie che difendevano Civitaluparella, guidate dallo stesso Caldora, al grido di " meglio morire con honore che vivere cum vergogna" respinsero sia i ripetuti assalti aragonesi che le loro proposte di resa. Il Caldora, rotto l'assedio, cercò di prestar soccorso alla guarnigione di Vasto, ma, fatto prigioniero e privato dei suoi possedimenti, finì i suoi giorni in povertà a Iesi.

pago pa

LOGO

Provincia di Chieti

"Croce di Guerra al Valor Militare"

Piazza Benedetto Croce, - 66010 Montenerodomo (Chieti)
Telefono: 0872/960109
Fax: 0872/960058

Posta elettronica: protocollo@comunemontenerodomo.it
PEC: comune.montenerodomo.ch@halleycert.it

Partita IVA 00253540694
Codice Univoco UFEMNE

Informazioni per pagamenti e fatturazione

I pagamenti a favore del Comune di Montenerodomo possono essere effettuati su:

IBAN PER I PRIVATI:

IT 86 G 07601 03200001055687055

Codice ABI di Poste Italiane 07601
Codice BIC di Poste Italiane: BPPIITRRXXX

IBAN PER ENTI PUBBLICI:

IT 54 B 01000 03245 400300304 190

Cerca