Era una bella giornata autunnale. Io e il mio amico Fredduccio, ragazzi di tredici anni, stavamo giocando alla Portella. Fummo interrotti dall'arrivo di due tedeschi, i quali cominciarono ad ispezionare la zona con cannocchiali militari. Intimoriti ed incuriositi, restammo a guardare, ma presto i soldati cercarono di prenderci. Fredducio per fuggire, cadde dalla rupe de lu Valze; mentre io fui afferrato per un braccio e seguendo le loro istruzioni, a gesti fui costretto a prendere una cesta di uova per portarla al podestà (Antonio de Ciangiuole). Arrivati vicino al negozio di Amalia, approfittando di una distrazione dei due soldati, lasciai le uova e fuggii via. Intanto, il povero Fredduccio dopo alcuni giorni morì a causa delle ferite riportate durante la caduta.
L'incontro con i tedeschi, per me, segna l'inizio dell'occupazione tedesca nel nostro paese.
Verso il mese di novembre, i soldati ci cacciarono dalle nostre abitazioni e le fecero saltare in aria.
La maggior parte della popolazione, tra cui io, ci rifugiammo sopra la Serra, dove assistemmo ad uno spettacolo mai visto: la case, accompagnate da un rumore assordante, prima si muovevano in aria e poi scoppiavano. La mia famiglia, composta da papà, mamma in stato interessante, due sorelle maggiori (Maria e Antonietta), due sorelle e un fratello minori (Rosa, 10 anni; Rocco, 7; Anna Emilia, 3), ci rifugiammo a Selvoni, nella masseria di Francesco de Severeine.
A parte i saccheggiamenti, i tedeschi fino allora non avevano fatto del male a nessuno. Un giorno, due di loro incontrarono Nicola de Sandille e i fratelli Antonio e Carmine D'Antonio (D Ndrej). Dopo una perquisizione scoprirono che essi avevano con sé i "soldi dell'occupazione" probabilmente di provenienza degli alleati che stavano a Roccascalegna, dove i tre uomini si erano precedentemente rifugiati. Essi furono catturati. Il gruppo si diresse verso Palena, luogo in cui si era insediato il commando tedesco. Quando i tre giovani capirono le cattive intenzioni dei tedeschi, specie da una frase "Palena... Caput...", si ribellarono, li aggredirono e li stordirono a colpi di botte. Secondo coloro che ricordano i fatti, quest'episodio segnò l'inizio delle rappresaglie dei tedeschi contro i civili.
Pochi giorni dopo questa vicenda, la mia famiglia decise di fuggire. Seguendo le disposizioni dei miei genitori, partimmo prima papà e con lui, noi tre figli maggiori (Antonietta, Maria ed io), e solo successivamente ci avrebbero raggiunto gli altri, ossia mamma, Rosa, Rocco ed Emilia. Lasciammo così la masseria di notte, con la famiglia de Ciangiuole: dal Colle Ferrier proseguimmo fino a monte di Maio, verso Fonticelle. La sentinella tedesca installata sul monte Calvario si accorse del movimento e cominciò a sparare. Dopo aver aspettato che tutto si calmasse, ci dirigemmo verso Casale per arrivare a Tre Confini ed infine a Pennadomo. Il tragitto fu molto pericoloso: oltre alle sentinelle che sparavano, bisognava fare molta attenzione anche alle mine antiuomo disseminate lungo il percorso. A tale proposito fu di notevole aiuto mio padre che avendo combattuto nella prima guerra mondiale, riusciva ad individuare il posizionamento delle mine.
Papà faceva spesso ritorno alla masseria dov'erano la moglie e i figli, per accertarsi della salute, specie della moglie che stava per partorire. Lì abitava anche la famiglia di Giovanni D'Antonio, che in caso di emergenza l'avrebbe comunque soccorsa. Nella notte del 25/03/1944, in uno dei rientri di papà, e purtroppo anche l'ultimo, mentre egli era ancora in casa, ci fu l'irruzione da parte dei tedeschi. Per salvarsi egli fuggì, scalzo, quasi senza curarsi del resto della famiglia e si nascose dietro l'abitazione. Da fuori egli sentiva che all'interno della casa c'erano due pattuglie tedesche che discutevano animatamente tra loro, dai discorsi si poteva capire che l'argomento in questione era se salvare i bambini oppure no.
Di colpo sentì solo le urla, i lamenti, i litigi e ... gli spari.
Il mattino seguente mentre mi trovavo in piazza a Pennadomo, sentii persone che parlavano tra loro: "... Stanotte... contrada Selvoni...i tedeschi hanno ammazzato...", dai discorsi cominciai a sospettare, ma non avevo alcuna certezza, poi incontrai Domenico de Severeine, che mi chiese "Perché non vai a casa?". Tornato a casa arrivò Francesca de Cenze che preoccupata ci domandò "Avete mangiato qualcosa?", da lì capii tutto. Ero un ragazzo, ma certe cose si intuiscono a pelle!
Da allora, ho sempre voluto approfondire la questione, così mi sono fatto raccontare questo terribile episodio da mio padre.
Papà, dopo che sentì gli spari, aspettò che i tedeschi uscissero, solo allora poté rientrare. Lo spettacolo era terrificante: i tedeschi gli avevano ammazzato la moglie e i tre figli, ma la cosa più orribile era come i bambini stessero abbracciati attorno alla madre, come se cercassero un riparo.
Non esausto di questa versione, mi sono fatto raccontare i fatti dal vice comandante della Brigata Maiella, Domenico Troilo che vive a Gessopalena e dal compianto maestro Lorenzo D'Orazio. Le salme furono trovate nel pagliaio accanto all'abitazione, coperte sommariamente con una porta vecchia. Così rimasi orfano di madre, è dura per un ragazzo accettare la morte, specie se dovuta alle barbarie degli uomini, come in questo caso.
ARRIVO DEGLI INGLESI
Un giorno stavamo con la famiglia di Assunta di Panocce sotto la Serra a zappare. Assistemmo assistito ad una scena che, secondo me, poneva fine all'occupazione tedesca. Una camionetta di soldati inglesi si fermò sulla strada, due rimasero dentro ed altri due scesero ed andarono verso il Colle della Guardia. Le sentinelle tedesche li avvistarono ed cominciarono a sparare. Per un po' i due scomparvero e dopo una mezza giornata, si rividero a valle, precisamente al Maragone. In seguito, gli inglesi presidiarono il Colle della Guardia e costrinsero i tedeschi a ritirarsi verso Colledimacine.