Quando le truppe tedesche di occupazione si fecero minacciose, moltissime famiglie di Montenero sfollarono nei paesi limitrofi, tra cui Pennadomo. Tra esse, le famiglie di Camillo Carozza, di Antonio de quaquitt e di Peppe de petrozz. La famiglia di Peppe fu ospitata in una casa vicino alla chiesa.
Peppe, di tanto in tanto e tra tanti pericoli, ritornava in paese per recuperare viveri di prima necessità. Un giorno di primavera, marzo 1944, egli chiese all'amico Giuseppe di portare l'asino per trasportare tali viveri ( patate,grano,fagioli, ....) che aveva accuratamente nascosto casa di Angelo de zi Crescenne, zio della moglie Luisetta.
All'andata risalirono da contrada Casale. Non incontrarono alcun problema. Caricarono l'asino di viveri e, dopo aver salutato alcuni amici in piazza San Martino, ripresero la strada per Pennadomo. Riscesero dalla costa dell'uoire facendo lo stesso percorso dell'andata.
Ad un certo punto, lungo la strada de l'Urtleine, successe l'imprevedibile: l'asino finì su una mina. Un forte boato rimbombò fino in piazza dov'ero anch'io. Accorremmo per capire cosa fosse successo. Capimmo subito. Io e Giovanni de mlane ci precipitammo giù per soccorrere quei poveretti.
Uno spettacolo sconvolgente e indescrivibile: l'asino morto, i viveri sparsi lungo la via, Giuseppe di Pennadomo disperato ma fortunatamente illeso! Il povero Peppe disteso a terra sembrava morto.
Ci avvicinammo e costatammo che Peppe, pur gravemente ferito, era vivo. Dopo un breve consulto, decidemmo che io sarei andato a chiedere aiuto al comando dei partigiani a Fallascoso. Giovanni, con alcuni amici, che nel frattempo erano giunti sul posto, in qualche modo avrebbero dovuto cercare di riportare Peppe in paese.
Con il cuore in gola raggiunsi in poco tempo il comando dei partigiani a Fallascoso.
Al comando raccontai l'accaduto. I due partigiani di guardia non sapevano cosa fare, e, dopo un momento d'incertezza, decisero di chiamare il comando inglese installato ad Atessa.
Fu una lunga conversazione. Dal comando alleato volevano assicurazioni che lungo il tragitto non sarebbero incappati in qualche mina. Io cercavo di convincerli, non fu facile!
Dal comando arrivò l'ordine ai due partigiani di verificare in loco l'accaduto. Molto velocemente salimmo su una camionetta per raggiungere Montenerodomo. Il povero Peppe l'avevano riportato a casa di Antonio de Saverie a San Martino: Era gravemente ferito alla testa e fu poi trasportato di corsa verso l'ospedale di Casoli.
Grazie al nostro intervento e a quello degli amici partigiani arrivati in aiuto, Peppe riuscì a salvarsi, ma rimase invalido per tutta la vita.
(Testimonianza raccolta da Angelo Piccoli)