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D’ANTONIO Carmine (de lu nunzie)

Nel 1943 vivevo con la mia famiglia a Selvoni (masseria D'ANTONIO Domenico). Eravamo 9 tra fratelli e sorelle.
Ai primi di ottobre i soldati tedeschi occuparono il paese e iniziarono a venire a Selvoni con i cavalli in quanto a quel tempo non c'era ancora la strada per le macchine.

Poiché a noi ci presero tutte le pecore, a novembre andammo alla Castelletta sui monti Pizzi per ricomprarle dai pastori pugliesi che praticavano la transumanza. Erano rimasti bloccati lì e non potevano tornare in Puglia a causa della linea "Gustav" messa in atto dai tedeschi. Comprate le pecore, decidemmo di andarcene a Roccascalegna. Partimmo una sera di novembre con molta neve, eravamo più di 40 persone tra cui Nicola CALABRESE (attualmente in Argentina), altre due famiglie portarono le pecore tra cui quella di "quaquitt" e di COLETTA Nicola di birliche. Passammo dalle parti della masseria de bughettine, sotto a monte di Majo, e proseguimmo per contrada Ponte de la Schiera, Fonticelle e imboccammo la strada per Casale.

Giunti all'Arivuccie, dalla postazione tedesca che si trovava vicino a Juvanum, spararono dei razzi che illuminarono a giorno, ma non usarono la mitragliatrice. Dopo pochi secondi una pecora saltò su una mina, ci fu un trambusto generale e ci mettemmo a correre, mi accorsi che una scheggia mi aveva sfiorato la testa bucando il cappello e per tre giorni mi "fischiarono" le orecchie; la mattina arrivammo a Roccascalegna con i greggi mischiati e dopo alcuni giorni ci spostammo a Pennadomo.

Parecchie volte tornai a casa per prendere qualcosa da mangiare che mio padre aveva nascosto.
In marzo del '44 andammo alle masserie dei Croce a Montepidocchio. Ero presente quando il 13 aprile fummo oggetto di cannonate e fu colpito a morte il mio amico Pompilio DI ROCCO che stava al mio fianco, mentre scappavamo da quell'inferno.

(Testimonianza raccolta di Domenico D'Orazio)

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