I primi rifugi furono le masserie di Casale, Selvoni, Marangola , il bosco Paganiello, le grotte naturali e le pagliare (che in tempi normali servivano ai contadini per ripararsi dalla pioggia o per depositare gli attrezzi agricoli), luoghi per i quali l'occupante non mostrava ancora interesse,anzi li temeva. Purtroppo la situazione cambiò quando verso la fine di ottobre arrivarono nel nostro paese le SS, che a cavallo o a piedi visitavano le masserie e si spingevano fino al limite dei boschi in cerca, con la minaccia delle armi, di animali e uomini. I capifamiglia capirono subito che bisognava fuggire e spostarono le loro famiglie nei paesi della Valle di Sangro ( Pennadomo, Roccascalegna, Altino, Casoli,..) o nei campi profughi approntati dagli Alleati ad Ortona, Vasto, in Puglia, in Basilicata, in particolare Bari.
In pochi giorni si compì lo sfollamento totale di tutto il paese, anche di notte e sotto la minaccia delle armi nemiche. Nel bosco Paganiello si erano rifugiati anche molti profughi provenienti da Sulmona, da Roma e da altre città, colpite da bombardamenti o già occupate dai tedeschi. Tra essi vi erano personalità della capitale molto note. Tutti furono aiutati dai cittadini di Montenerodono ad attraversare le linee del fronte per raggiungere le zone già protette dagli Alleati.
Per i monteneresi iniziarono sofferenze e privazioni indicibili che sarebbero durate molti mesi. Questo periodo cambiò per sempre la vita di molte famiglie.
La sopravvivenza era assicurata dalla generosità delle famiglie di accoglienza, dal poco bestiame salvato e nascosto, dalle poche derrate che i capifamiglia riuscivano a portare via da casa nei rischiosi rientri notturni in paese. In tali condizioni non fu possibile portare a termine la vendemmia, seminare il grano, salvare il fieno e la paglia per il bestiame. Nella nostra comunità cessò ogni forma di vita organizzata. Si era completamente isolati, cessarono di funzionare tutti i servizi, : la scuola, la posta, i trasporti pubblici, il servizio sanitario, il mulino, il forno. Le botteghe artigiane chiusero Qualche settimana dopo mancò anche la corrente elettrica, quando fu bombardata la centrale di Taranta Peligna e fu chiuso anche il Comune. Ad aggravare la situazione contribuì il maltempo con abbondanti nevicate di quel triste inverno.
La popolazione assisteva impotente alle sopraffazioni ed ai saccheggi dei militari tedeschi.: non mostrò mai condiscendenza e la sua riluttanza a piegarsi alle pressanti pretese e l'ostilità palese dimostrata in ogni occasione inasprì tanto il comando del presidio germanico (che si era installato a S. Martino nelle case requisite alle famiglie di ruseline,ghiuppitt,custode,..), che furono messe in atto rappresaglie durissime, fino a vere e proprie esecrabili esecuzioni.