Quando anche nel nostro paese si diffuse la notizia della firma dell'armistizio dell'8 settembre del 1943 del Governo italiano con gli Alleati (1), molte famiglie vissero momenti di gioia e di speranza: finalmente la guerra sarebbe finita, sarebbero tornati a casa i loro congiunti e sarebbe terminata finalmente l'ansiosa attesa di una lettera o di una cartolina dai vari fronti di guerra.
Altri monteneresi, invece, specialmente i reduci di guerra che avevano conosciuto il nuovo nemico, fino allora alleato, mostrarono subito scetticismo ed inquietudine: il "tradimento" sarebbe stato certamente "vendicato" e avrebbe comportato molte vittime all'Italia. Le ore amare e dolorose non erano ancora finite e tante lacrime sarebbero state ancora versate da madri, da mogli e da figli per la guerra che sarebbe continuata inesorabile e tragica, investendo tutta l'Italia e travolgendo anche il nostro piccolo paese.
In paese,tuttavia, prevaleva l'opinione, quasi per scaramanzia, che la guerra non sarebbe mai arrivata sui nostri monti e che sarebbero state toccate solo le grandi città, i porti, gli insediamenti industriali, le grandi vie di comunicazione. Opinione che trovò una certa conferma quando verso il 20 di settembre del 1943 incominciarono ad arrivare nelle contrade del nostro paese dei "forestieri" scappati da Roma, da Chieti, da Pescara, da Ortona e da altre località già occupate dalla Wehrmacht . Il nostro paese era un posto più sicuro!
Purtroppo le cose andarono diversamente.
La mattina del 4 ottobre 1943, festa di S. Francesco nel nostro paese, la chiesa era affollata e ci si preparava per la processione quando dalla parte di Civitaluparella giunse, con mezzi militari, un drappello di soldati tedeschi che perlustrò il paese, ne rilevò i punti strategici segnandoli su una carta topografica e dopo una breve sosta sulla sommità del centro abitato, dove sorgeva il Palazzo De Thomasis e sul Colle del Tasso (altura che domina la vallata del Sangro fino all'Adriatico e quella dell'Aventino), ripartì con fare discreto, senza aver avuto alcun contatto diretto con la popolazione che rimase incuriosita e guardinga. Il fatto preoccupò la popolazione. Solo pochi giorni dopo il paese fu attraversato da mezzi militari che dalla Valle del Sangro si dirigevano verso Palena (Valle dell'Aventino). Nel nostro paese s'installò un presidio che prese posizione sui monti più alti circostanti il centro urbano.
Con questa operazione le truppe germaniche aggiungevano un altro tassello alla LINEA GUSTAV (2) il cui compito strategico era di ostacolare l'avanzata dal sud degli Alleati e, nello stesso tempo, di garantire una via di fuga in caso di un forzato ritiro oltre che del loro ricongiungimento ai reparti tedeschi che operavano nella zona di Cassino.
Il nemico manifestò senza indugi la sua determinazione: requisì alcune case per l'installazione del comando della guarnigione e dei servizi logistici (depositi, cucina, macelleria, calzoleria, forno, mulino,ecc..) e obbligò l'allora podestà del paese a provvedere e consegnare loro, entro 24 ore, vettovaglie di ogni genere, e ad assicurare tutta l'assistenza richiesta. Il podestà incaricò il banditore del paese (Vincenzo Porreca) di trasmettere alla popolazione le richieste dei tedeschi. Alla prima richiesta ne seguirono altre ed altre ancora, ma i monteneresi le ignorarono. Questo atteggiamento indispettì l'occupante che incominciò ad agire con la forza: ruberie di generi alimentari, sequestro di animali e rastrellamento di persone abili al lavoro.
Fu un periodo di forte inquietudine nella nostra comunità. I capifamiglia, specialmente i reduci di guerra che ben conoscevano i duri metodi nazisti, decisero di salvare tutto il salvabile possibile: trasferirono, notte tempo, le proprie famiglie in luoghi più sicuri, imboscarono il bestiame e nascosero le poche derrate in posti segreti, solo da loro conosciuti.
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